Federconsorzi, la storia infinita raccontata dal commissario Baldanza

in Varie


Nello stesso immobile e sullo stesso pianerottolo vivono due condomini omonimi, e questo spesso genera molti equivoci; con questa metafora il commissario della Federazione italiana dei consorzi agrari (Federconsorzi) Andrea Baldanza ha descritto – invitato dalla commissione Agricoltura della Camera, presso la quale è intervenuto nel pomeriggio – la complicata vicenda della Federazione.

I due “omonimi” in questione sono la Federconsorzi gestione ammassatoria e la Federconsorzi gestione commerciale, entrambe con contabilità separata e distinta, una gestita da un commissario nominato dal Mipaaf e la seconda “sotto l’egida del tribunale“: vi sono dunque due diversi legali rappresentanti, e Baldanza appartiene alla prima categoria.

Federconsorzi dei consorzi agrari nasce lontana nel tempo, ha spiegato il commissario, per poi andare in “procedura di concordato nel 1991” per un’insolvenza che deriva da una carenza di liquidità. La federazione da anni curava una serie di attività per conto dello Stato, “in particolare tutta l’attuazione del piano Marshall“, aiuti che sono stati commercializzati da parte della federconsorzi gestione ammassatoria.

Il contenzioso tutt’ora in corso nasce da un ammontare di risorse risalenti dunque agli anni Cinquanta: la Federconsorzi acquistava i beni da tutti i paesi del mondo per poi venderli, nel dopoguerra, a prezzi calmierati; “sulla differenza fra quanto speso per acquistare i beni e il prezzo di vendita al mercato, la federazione vantava un credito nei confronti dello Stato“. Il problema è sorto su quali criteri dovessero essere applicati e quale saggio per calcorare da questo montante gli interessi.

I crediti che avevano la Federconsorzi e i consorzi agrari per queste attività, ha chiarito ancora Baldanza, transitavano per i consorzi agrari perché questi ultimi – “non essendo lo Stato un pronto e rapido pagatore” – quando avevano bisogno di liquidità “non aspettavano che lo Stato li pagasse”, e trasferivano il credito alla Federconsorzi gestione ammassatoria “che fungeva da bancomat“.

Si arriva così negli anni Novanta a una situazione in cui si hanno “un po’ di crediti in capo a Federconsorzi e un po’ in capo ai consorzi agrari”. Per cercare di risolvere la situazione nel 1999 viene approvata una legge (28 Ottobre 1999, n. 410) che individua un certo saggio di interesse per i crediti vantanti dai consorzi agrari per le attività ammassatorie, cosa che “risolve il problema per i consorzi agrari ma lo lascia in pregiudicato per federconsorzi“, da cui il contenzioso che si sta ancora sviluppando.

Il compito affidato al commissario nominato dal Mipaaf nel 2010 “era quello di fare una ricognizione di tutti i crediti della gestione ammassatoria e se possibile giungere a una transazione con tutti i creditori della Federconsorzi”; questi ultimi sono sia imprenditori – che nel tempo hanno tutti ceduto i propri crediti a istituti bancari e fondi speculativi -, sia dipendenti Federconsorzi, “tutti liquidati che però si aspettavano che dalla vecchia federazione si costituisse un nuovo soggetto dove approdare”, mai istituito. Il compito per il commissario Mipaaf è allora di arrivare il prima possibile alla chiusura di questo segmento che, ha rimarcato ancora Baldanza, è “completamente autonomo rispetto alla procedura di concordato sotto il controllo da parte del tribunale”.

Quanto al credito, la pronuncia della corte di appello del 2010 quantificava l’importo intorno a 1 miliardo e 100 milioni di euro; se il contenzioso serve a individuare chi tra Federconsorzi e consorzi agrari possa vantare questi crediti, “quello che è certo è che il debitore è lo Stato“, il quale ha cercato di tutelarsi di fronte al rischio che alla sentenza della Corte potesse seguire un’azione esecutiva. Il legislatore pro tempore nel 2012 allora ha adottato un decreto in base al quale i crediti “in pancia alla Federconsorzi” derivanti dalle attività ammassatorie sono stati equiparati a quelli “in pancia ai consorzi agrari”, pertanto anche ai primi dovevano essere applicati gli interessi previsti dal decreto del 1999: “così il miliardo e 100 milioni si abbatte a 330 milioni“. A questo punto la Cassazione si è posta un problema, se uno Stato possa quantificare in corso di causa la somma che deve pagare a un proprio creditore, o se invece si debba applicare la norma dei crediti della PA.

Allo stato degli atti, ha più approfonditamente chiarito il commissario, i crediti che derivano dalle gestioni ammassatorie “se in pancia ai consorzi agrari sono stati pagati dallo Stato per legge in base a un certo saggio di interesse”; viceversa se si dovesse applicare quanto stabilito dalla Cassazione si avrebbe un saggio di carattere diverso per crediti che sono “evidentemente omologhi per natura e provenienza perché la Federconsorzi è la holding di tutti i consorzi agrari”. L’operazione più semplice è stata dunque quella di rendere omologhi i crediti vantati dalla Federconsorzi “a prescindere che fossero rimasti in panci ai consorzi agrari o alla stessa Federconsorzi”.

“Come è possibile che non si sappia chi è il creditore”? Quando vi fu il concordato della Federconsorzi gestione commissariale, si decise di operare per la cessione di tutti i beni del debitore ai creditore, diventato un “singolo credito” affidato alla gestione del tribunale; ma questo singolo credito, attiene all’attività commerciale – e quindi puo essere negoziato dagli organi della gestione commissariale -, o attiene alle attività amamssatorie e quindi attiene alla gestione del commissario governativo? Questa, ha sintetizzato Baldanza, è la “ragione per cui vi è grande incertezza“.

Il commissario da parte sua, in qualità di gestore commissariale di rango governativo, ritiene che essendo quello un credito che deriva dalle gestioni ammassatorie “ontologicamente non poteva ricondursi al patrimonio della società commerciale”, quindi è certo “di essere l’unico e esclusivo creditore di queste somme”, laddove “ovviamente gli organi della gestione del tribunale sostengono di essere loro i creditori”.

Ad ogni modo, la speranza del commissario che è la vicenda si concluda il prima possibile e nella maniera “più ragionevole”, così da chiudere la gestione commissariale con la – si augura – “soddisfazione dei residui creditori”.

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