Healthcare Summit 2017, il sistema sanitario nazionale in vista della manovra 2018

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L’evoluzione del servizio sanitario tra efficienza e innovazione è il tema scelto per la sesta edizione dell’Healthcare Summit 2017 del Sole 24 Ore a Roma, appuntamento annuale che raccoglie attorno allo stesso tavolo rappresentanti delle istituzioni, del mondo della salute e del settore farmaceutico. A ridosso della manovra per il 2018 il convegno è stata l’occasione per tracciare i fabbisogni delle aziende e della società civile in tema di investimenti, modelli assistenziali, infrastrutture e medicinali. Assenti, paradossalmente, proprio i legislatori con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin impegnata a Montecitorio con il presidente della commissione Affari sociali Mario Marazziti per l’approvazione del ddl sulla sanità e la senatrice e presidente della 12° di palazzo Madama Emilia Grazia De Biasi (Pd) in Assemblea per la legge elettorale. Dalla titolare del dicastero un messaggio alla platea per evidenziare come il SSN stia attraverso un “periodo di grandi sfide che riguardano i temi dell’appropriatezza, degli sprechi, e soprattutto della sostenibilità. In questo quadro è indispensabile che ognuno faccia la propria parte in un clima di collaborazione”.

Sei intense ore di lavori, organizzate in sessioni tematiche“Investiamo meno in sanità” secondo Nino Cartabellotta, presidente Fondazione GIMBE: 604mln di euro in meno nel 2018 nel fondo sanitario nazionale per un totale di 113mld per il prossimo anno. “Dal 2014 a oggi abbiamo perso 10mld per la Corte dei Conti”, l’Italia retrocede rispetto ad altri paesi sulla spesa sanitaria pro-capite. I “conti sono sostanzialmente a posto” ma il finanziamento pubblico “non riesce a mantenere il sistema di assistenza”: la spesa out of pocket supera i 30mld di euro ciò significa che “i cittadini pagano due volte”. Per questi motivi nella legge di bilancio 2018 si chiede una sanatoria sul payback farmaceutico e di evitare il rischio di un taglio netto di circa 300mln di euro del fondo a fronte di maggiori contributi delle Regioni.

Sul partenariato pubblico-privato e nuovi modelli di business nella sanità Stefano Bergamasco, vicepresidente AIIC, Andrea Celli, Head of Public Affairs Italia, Israele e Grecia di Philips, Andrea Urbani, DG della Programmazione sanitaria del ministero della Salute e Veronica Vecchi SDA Professor della Bocconi. Quest’ultima ha parlato di un modello di partenariato pubblico-privato in sanità che è “cambiato sostanzialmente negli ultimi 15 anni”: è stato utilizzato per grandi investimenti immobiliari, oggi “abbiamo una carenza di risorse pubbliche e utilizziamo i capitali privati per colmare gap” in un contesto di “scarse competenze”. Oggi vi sono “progetti estremamente complicati, affidati ad un unico operatore economico che a cascata coinvolge altri soggetti” generando un impatto sulle aziende sanitarie. Per la professoressa della Bocconi bisogna “muoversi verso modelli più leggeri, con contratti più omogenei e completi che riguardino dalla ristrutturazione alla gestione delle nuove tecnologie”. Parlando di PPP ci si inserisce nel framework delle “concessioni” in Italia: “l’operatore economico deve accompagnare l’azienda sanitaria verso obiettivi strategici”. Allo stesso tempo però per incentivare l’operatore bisogna “trasferire dei rischi” (di performance, di ottimizzazione costi, delle attività cliniche). Vecchi si è soffermata anche sulle competenze delle amministrazioni in quanto “strutturare questi contratti è estremamente difficile” e le aziende sanitarie “devono avere la capacità di mettere in atto questo tipo di operazioni”. Bisognerebbe guardare alla “iniziativa privata, da usare adeguatamente”, ossia “servono operatori economici responsabili”.

“Il 37% dei capitali delle nostre pensioni viene investito in equities all’estero” ha fatto presente Vecchi per ribadire che “l’iniziativa privata è una risposta”, con un “ruolo ottimizzato di soggetti pubblici e privati”. Il PPP in conclusione è un “modello per raggiungere obiettivi strategici” motivo per il quale bisogna “fare innovazione per engagement di capitali e competenze private”.

Andrea Celli di Philips ha spiegato che la sua azienda è portatrice “di innovazione tecnologica”. La complessità intrinseca del PPP “richiede competenze nelle strutture ospedaliere e degli operatori economici” e quindi un “sistema finanziario forte che supporti aziende con questa tipologia di progetti e non abbia appetito solo per investimenti immobiliari”; in questo contesto è fondamentale il ruolo delle università. Mentre Stefano Bergamasco vicepresidente AIIC ha stressato la necessità di “formazione e sviluppo per evitare contratti scritti male e una asimmetria informativa”.

Dal ministero della Salute, Andrea Urbani direttore generale della Programmazione sanitaria alcune considerazioni sulla mole di finanziamenti gestiti “forse inferiore” rispetto agli altri membri Ue, ma rimane il fatto che l’Italia “è il secondo migliore Paese al mondo per out-come e per le caratteristiche di universalità” (la Finlandia è la prima); inoltre la “speranza di vita è la seconda più alta in Europa”. In questo contesto la governance “è stata necessaria perché il SSN perdeva 6mld di euro ogni anno”. I conti 2016 registrano un “disavanzo inferiore a 700mln di euro, ben al di sotto delle coperture, quindi il sistema è in equilibrio”. Con la compressione dei livelli essenziali di assistenza, però si mantengono “determinate inefficienze”: da qui la necessità di “rivedere completamente la governance” e l’impegno in tale direzione del ministero con ISS, Aifa, Inps e Università. Vogliamo “immaginare da qui a 30 anni come si evolverà il consumo delle prestazioni, stiamo valutando una collaborazione con attori della società civile interessati all’edilizia e alla tecnologia”, intanto – ha anticipato il dirigente del ministero – nelle prossime ore si completerà un percorso di ricognizione. Data la “mole di investimenti importanti, vanno quindi ricercate forme di collaborazione evolute (fondi di investimento, partner tecnologici…) da inquadrare in una cornice amichevole per il PPP”, ossia in un “quadro regolatorio e procedurale con una ricognizione del fabbisogno, una indicazione chiara su chi fa cosa e una cabina di regia sulla fattibilità delle proposte superando la competenza regionale”. Qualche segnale in questo senso “probabilmente vi sarà in legge di bilancio” dove è già presente una norma sull’innovazione farmaceutica.

Sulla manovra 2018 è intervenuto Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva evidenziando come le risorse stanziate per il prossimo anno nel fondo sanitario nazionale siano circa 113mld (mentre l’accordo Stato-Regioni prevedeva circa 115mld poi passati a 114mld), “si tratta di un miliardo sotto il fabbisogno economico stabilito”. Vi è un dato però da tenere in considerazione: le “persone si spostano sul settore privato”, decisione che “non fa bene alla salute, alle casse delle famiglie e nemmeno a quelle del SSN”. Poi da quando è stato introdotto il “super ticket sono diminuite le risorse per il servizio sanitario nazionale”. Cittadinanzattiva chiede quindi 114,5mld, l’abrogazione del super ticket e il rifinanziamento del fondo per i farmaci innovativi, una “misura che ha permesso a molti di curarsi e non deve essere messa in discussione”. Infine bisogna intervenire sul rinnovo dei contratti del personale e l’effettività dei nuovi LEA.

Il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi ha affermato che il tetto alla spesa “deve essere una misura per contenere le risorse ma non deve essere strutturata, altrimenti per far cassa questo aumenta e di conseguenza anche lo sforamento”. La spesa farmaceutica italiana è la “più bassa dell’eurozona, con i prezzi più bassi” mentre va detto che l’Italia è “avanti per la vendita di biosimilari, che prende una fetta del 26%”. Non ci sono possibilità di risparmio in questo settore quindi anche in considerazione del  fatto che “il 90 per cento della spesa è sui farmaci che costano pochi euro”. Per Scaccabarozzi “la direzione del ministro è giusta”: sono stati trovati fondi addizionali per l’innovazione,  ma programmazione vuol dire “analizzare la spesa sanitaria e spostare le risorse dove servono”. In questo momento nella manovra Farmindustria “non vede la definizione di una buona governance, in quanto non si può pensare che l’industria paghi payback assurdi”. La politica non può fare il contabile, vogliamo continuare a garantire l’universalismo del sistema sanitario, ma va curato” ha concluso il manager.

Marco Alessandrini, AD di Credifarma ha sottolineato il “valore inestimabile delle farmacie”, mentre Gabriele Pelissero, Presidente Aiop ha chiesto di richiamare le Regioni ad un uso migliore delle risorse economiche di cui dispongono anche guardando alla componente di diritto privato” del settore.

In tema di digitalizzazione infine Francesco Ripa di Meana, presidente Fiaso ha sottolineato che l’approccio ai big data “è un must”. Al numero fiscale del paziente sono legate una grande quantità di informazioni, motivo per il quale si apre una finestra in materia privacy e cybersecurity. In ogni caso l’approccio 4.0 non esaurisce il tema della governance e della sostenibilità nel SSN.

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